Un futuro costruito col cioccolato: la storia di riscatto di una lavoratrice di Nina Kakaw

Pubblicato il 2 Luglio 2025





Dalla fragilità alla forza: il racconto di chi ha trasformato un’opportunità in un nuovo inizio

Emancipazione, rinascita e dignità: dietro la storia di Susan c’è la forza di una donna che non si è arresa e che ha trovato sostegno concreto nel progetto sociale di Nina Kakaw.

Situata nel cuore di Belluno, Nina Kakaw è una cioccolateria sociale che accoglie, forma e valorizza donne provenienti da contesti di fragilità.

Partner di VHV Assicurazioni, con cui condivide il valore della responsabilità aziendale, Nina Kakaw è un esempio virtuoso di come imprese e realtà sociali possano lavorare insieme per generare un impatto positivo e duraturo sulle vite delle persone.


Scopri di più su questa partnership leggendo l’articolo Cioccolateria sociale e responsabilità aziendale – La partnership etica tra VHVAssicurazioni e Nina Kakaw.


In collaborazione con associazioni del territorio come Belluno Donna, Nina Kakaw è riuscita a mostrare un futuro diverso a donne che non avevano molte opzioni nella propria vita: Susan, ventisettenne nigeriana con un figlio di cinque anni, era una di loro.

Come VHV Assicurazioni, abbiamo voluto dare spazio e voce alla sua storia, raccontando in questa intervista le difficoltà affrontate e la trasformazione vissuta: una testimonianza di come il lavoro, quando supportato da un sistema attento alle esigenze delle persone, possa diventare uno strumento concreto di riscatto personale e sociale.

In che modo il tuo percorso si è incrociato con quello di Nina Kakaw? Come vi siete “conosciuti”?

Ho incontrato NINA KAKAW grazie a Belluno Donna, un’associazione che si occupa di contrastare la violenza contro le donne gestendo diversi centri antiviolenza della Provincia di Belluno e che mi ha accompagnata in un momento di grande difficoltà.

Loro mi hanno proposto di iniziare un tirocinio lavorativo presso una nuova realtà , una cioccolateria sociale dove le donne vengono accolte, formate e accompagnate verso l’indipendenza sociale ed economica con l’obiettivo di sostenerle nella fuoriuscita da situazioni di violenza. Incuriosita, ho accettato di iniziare il tirocinio.

Non sapevo bene cosa aspettarmi, ma quel primo passo ha segnato l’inizio di un cambiamento importante, sia a livello personale che professionale.

Avresti mai pensato che l’Italia sarebbe diventata la tua casa? Avevi qualche idea di che tipo di paese fosse, prima di trasferirti qui?

Quando ho lasciato il mio Paese, non immaginavo che l’Italia sarebbe diventata la mia casa. A dire la verità, non conoscevo quasi nulla di questo Paese.

Non parlando italiano, sognavo un futuro in un Paese anglofono, dove la lingua non mi avrebbe fatto sentire così isolata e lontana da casa (sono nigeriana e l’inglese è la mia madrelingua).

Invece, la vita mi ha portato qui, da
immigrata, con tutte le difficoltà e le incognite che questo comporta. I primi tempi sono stati duri: tutto era nuovo, tante cose mi facevano paura. Ma col tempo ho scoperto cosa significa accoglienza, ascolto, possibilità.

Com’è cominciato il tuo cammino professionale nella cioccolateria? C’è qualche difficoltà che hai riscontrato all’inizio?

Il mio percorso nella cioccolateria è
iniziato come tirocinante nella parte di laboratorio. Qui ho imparato a produrre il cioccolato e le praline. Dopo quasi un anno e mezzo di tirocinio sono stata assunta come apprendista e oggi sono parte integrante del team Nina Kakaw, nonché sous-chef.

Lavorare con il cioccolato è un’arte che mi affascina ogni giorno di più: dalla selezione delle fave fino alla trasformazione, ogni passaggio richiede cura, tecnica, precisione e passione. Ho avuto la fortuna di essere affiancata da mastrocioccolataie esperte, donne che mi hanno trasmesso non solo le competenze, ma anche la fiducia in me stessa. Ho imparato a non aver paura di sbagliare, a chiedere aiuto, a fare squadra. All’inizio, la difficoltà più grande era la lingua: non capivo tutto, e spesso ero paralizzata dalla paura di parlare e sbagliare. Ma grazie al sostegno del team, ho fatto progressi, giorno dopo giorno.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Una delle cose più preziose che ho trovato in Nina Kakaw è la comprensione delle mie esigenze familiari. Essere madre, soprattutto da sola e senza una rete, è complicato.

Vivo lontano dal centro di Belluno, con collegamenti limitati: ci sono pochissimi autobus e impiego più di un’ora per arrivare al lavoro. Inoltre, devo sempre tenere conto degli orari scolastici di mio figlio e delle sue necessità. In molti altri contesti lavorativi non ci sarebbe stato spazio per i miei bisogni. Qui, invece, i miei orari sono stati pensati per permettermi di conciliare tutto: il lavoro, il tempo per mio figlio, il rientro a casa. È una cosa che per me ha davvero fatto la differenza. Sentirmi ascoltata, rispettata come lavoratrice e come madre, mi ha dato forza e stabilità.

Anche in un momento fondamentale della mia vita personale, Nina mi è stata accanto. Stavo cercando una casa per uscire dal centro di accoglienza, dove avevo vissuto fino a quel momento. Non è stato facile, né sul piano pratico né emotivo. Ma grazie all’aiuto di chi lavora in Nina Kakaw, ho trovato il coraggio e le risorse per affrontare questo passaggio. Oggi ho una casa tutta mia, uno spazio che rappresenta finalmente un punto di partenza e non solo di passaggio.

L’atmosfera che si respira in laboratorio è unica. Ci si sostiene a vicenda, si lavora con attenzione
ma anche con il sorriso. È un luogo dove amore e rispetto non sono parole vuote, ma si manifestano nei piccoli gesti quotidiani. È un ambiente che non giudica, che accoglie, che dà fiducia.

In che modo il tuo lavoro con Nina Kakaw ha cambiato la tua visione del futuro?

Lavorare in Nina Kakaw ha cambiato profondamente la mia visione del futuro. Prima vivevo alla giornata, senza obiettivi chiari. Oggi ho un sogno: diventare una donna indipendente, una “self boss”, come mi piace dire. Voglio crescere professionalmente, imparare sempre di più, e un giorno magari aprire qualcosa di mio, o aiutare altre donne a costruire il proprio cammino, come è successo a me.

Che consiglio daresti ad altre donne che si trovano in situazioni di fragilità e che vorrebbero intraprendere un percorso simile al tuo?

A chi si trova in una situazione difficile, a chi ha vissuto la violenza o si sente bloccata, dico: non arrendetevi. È normale avere paura, ma non bisogna lasciarsi fermare. Se ci mettete il cuore, se vi date una possibilità, tutto può cambiare. Mollare non è un’opzione. Le strade nuove sono impegnative, ma possono portarvi lontano. Io ne sono la prova.

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